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Tilbert Dídac STEGMANN – Premio speciale

“Premio Ostana scritture in Lingua Madre” edizione 2019

Apprendimento delle lingue romanze, slave, germaniche attraverso il metodo EuroComRom – I sette Setacci (Germania)

Biografia

Tilbert Dídac Stegmann è nato il 1941 a Barcellona da genitori tedeschi. Fin da bambino ha avuto un’educazione plurilingue: tedesco, spagnolo, inglese, francese. A dieci anni si trasferisce con la sua famiglia in Germania. Studia filologia romanza e germanica, apprende il portoghese, l’italiano e impara il catalano come seconda lingua madre che convive con la prima lingua madre, il tedesco. Apprende e insegna l’occitano all’Università Goethe di Francoforte come professore di filologia romanza.

Le sue esperienze linguistiche lo hanno portato a sviluppare (con il collega Horst G.Klein, presso l’Università Goethe di Francoforte) gli innovativi metodi di grande rilevanza europea EuroCom per l’apprendimento per sistema di lingue. Lo scopo è di favorire l’intercomprensione linguistica in Europa, dimostrando come conoscendo una lingua di una famiglia linguistica (romanza, germanica, slava) si può entrare senza sforzo nella lettura di tutte le altre lingue del gruppo, ponendo sullo stesso piano tutte le lingue del sistema. Nel 1999 il metodo EuroCom ha ottenuto dal Ministero federale della scienza e dei trasporti in Austria l’EUROPASIEGEL per progetti linguistici innovativi.

Con l’invenzione di questi metodi di insegnamento per famiglie di lingue europee Tibert Didac Stegmann dimostra concretamente che il plurilinguismo è facilmente accessibile e che la solidarietà che viene naturalmente a crearsi con le lingue meno diffuse o meno tutelate ne favorisce la loro sopravvivenza.

Il suo “Decalogo del catalanoparlante” (1982), che consiglia come mantenersi fedele a una lingua meno diffusa, è stato pubblicato in un milione di esemplari. Tra il 2014 e il 2018 ha pubblicato la sua autobiografia in due volumi in cui racconta la sua vita dedicata a costruire ponti tra le lingue e culture europee e a rispettare tutte le lingue nel mondo.

Il suo costante impegno a favore dello sviluppo di una politica europea per la promozione di tutte le lingue presenti sul suo territorio gli è valso numerosi riconoscimenti e premi: del Governo di Catalogna con la Croce di San Giorgio, il Premio Internazionale Ramon Llull, il Premio Pompeu Fabra. Ha inoltre ricevuto il Premio Crítica Serra d’Or per i suoi saggi letterari.

Per i suoi numerosi lavori a favore delle lingua catalana Francesc de Borja Moll lo ha battezzato Cavaller errant de la catalanitat, Vázquez Montalbán lo ha designato catalanófilo número uno e il periodista e scrittore Alfred Bosch l’ha nominato semplicemente “Til cat”.

Motivazione

Il Premio viene conferito a Tilbert Dídac Stegmann per il contributo innovatore dato all’insegnamento delle lingue europee con l’invenzione del metodo EuroCom applicato al sistema delle lingue romanze, slave, germaniche. Un metodo di alta rilevanza europea che intende favorire un processo plurilinguistico, riconoscendo ad ogni lingua presente sui territori degli Stati aderenti la stessa dignità e il diritto ad essere scritta, parlata e usata nei mezzi di comunicazione.

Con il metodo EuroCom Til Stegmann ha trovato il modo per sfruttare l’intero patrimonio di conoscenze che possono essere mobilizzate quasi senza sforzo di apprendimento, per dimostrare allo studente che grazie alla sua lingua madre può capire facilmente testi in una lingua imparentata ma non ancora studiata.

Correttamente e massivamente utilizzato nelle scuole, il metodo EuroCom potrebbe in breve tempo favorire l’intercomprensione europea per sistemi di lingue, favorire un’educazione al rispetto della diversità linguistica, far risuonare le lingue nei loro contesti storici favorendo un processo di pace che porti a quell’Europa dei popoli che era nella mente e nei cuori di coloro che l’hanno fondata.

Per saperne di più:

http://www.youtube.com/watch?v=9KAk1_BPP8U

Antologia

TESTO ANTOLOGIA: ITALIANO

Il gusto di parlare lingue diverse

Quanto piacere mi ha fatto imparare lingue diverse!

L’ho fatto alla mia maniera, tutto da solo, al di fuori della scuola. Approfittavo delle cassette o dei dischi che esistevano quando ero studente (oggi sono i CD o quello che ti scarichi al computer o allo smartphone). E confidavo che, senza fare io uno sforzo di apprendimento, il mio cervello facesse tutto il lavoro da solo dandogli soltanto materia sufficiente sulla base di ripetizioni. La mia base sempre è stata, e lo è ancora, pazienza e ripetizione, ma facendolo in modo leggero affinché non divenga noioso. Bisogna invece mantenere presente durante tutto il giorno che si è immersi nell’avventura di una nuova lingua. E lo possiamo fare anche restandocene a casa.

Ma dopo deve giungere il momento in cui ci si butta appieno e si va per due settimane, o alcuni giorni, nel paese dove parlano la lingua mescolandosi con la gente. Si avranno tanti “professori” quanti si vuole. Si riempie il cervello di tante frasi e parole concrete, associate e legate al contesto del momento e con grandi possibilità che i propri neuroni le catturino fin dal primo istante o con pochissime ripetizioni. Si incomincia a convivere con la gente, con la sua lingua, e con tutto il “contesto” del suo paese. Ma attenzione a non cadere nell’errore fondamentale di voler “aiutarsi” con l’inglese!

È il viso dell’interlocutore indigeno che si ha di fronte che sorride e motiva, che fa comprendere la lingua in un attimo. È la voce e la fonetica autentica che si riceve all’orecchio, e visualmente i gesti, che fanno entrare piacevolmente nella nuova lingua. E il confronto tra i suoni che si pronunciano e i suoni che produce l’interlocutore affina molto rapidamente la propria competenza nel pronunciare bene. Personalmente, propormi di imitare il più fedelmente possibile la pronuncia mi apre le orecchie, avviva il mio interesse e mi attira come con una forza segreta.

Per esempio, provo un singolare piacere nel pronunciare il portoghese tanto fechado (tanto chiuso) come lo fanno loro, eliminando quasi tutte le vocali. O riprodurre la maniera graziosa come i brasiliani dicono i suoi “tci”, alla fina delle parole in -te (come “horizonte”). E col danese faccio ridere i tedeschi spiegando che la “-d-” danese si forma correttamente con la parte anteriore della lingua formando una “U”, come formando una barchetta dietro le denti superiori. Propongo sempre ai miei studenti di fare ginnastica della bocca e della lingua, controllando con uno piccolo specchio tascabile, per vedere da sé stessi la quantità di suoni diversi che siamo capaci di pronunciare, al di là dei suoni a cui la lingua di ogni giorno ci tiene abituati.

Riuscire a parlare l’italiano con le consonanti doppie e con la melodia amabile che è loro caratteristica è un godimento. O aver compreso e interiorizzato gli elementi che differenziano l’occitano dal catalano e così approfittare del catalano per farsi capire sin dall’inizio in una conversazione rudimentale in occitano. Si sostituisce l’affermativa “sì” con[o], scritto “òc”, si pronunciano le “u” come [ü], come scrivono i tedeschi (i francesi pronunciano per es. “la fortune)”, e si adatta, in poco tempo, il lessico catalano dandogli una pronuncia e morfologia occitana. Un piccolo miracolo come questo si produce nel corso di qualche giorno di pratica nel paese stesso. E più sorrisi ricevi da parte dei tuoi interlocutori nativi più rapidamente progredisci.

In tutti i casi di accesso a una lingua imparentata con una che già conosciamo, inconsciamente si produce l’effetto di “transfer” che abbiamo sistematizzato con il nostro metodo EuroCom. Questo metodo in realtà non fa altro che potenziare e indurre coscienza in ciò che facciamo automaticamente quando passiamo dall’italiano allo spagnolo o al catalano o all’occitano: il cervello si serve degli elementi uguali o paralleli di parole o frasi nelle due lingue e non ha bisogno che di fissare nella memoria i tratti differenziali. I nostri neuroni già conoscono il 60 o 70 % della “nuova” lingua e rimane solo il compito di attaccare le nozioni differenti alle nozioni che si hanno già a disposizione. Conoscendo il meccanismo, che spieghiamo nel nostro libro EuroComRom: i sette setacci, il salto a una nova lingua si fa infinitamente più facile. L’allegria di scoprire queste capacità che tutti abbiamo porta a grandi esiti linguistici.

È chiaro che dipende un po’ dalla fiducia che si ha nella propria capacità orale riproduttiva. Il fatto stesso cominciare a parlare ha relazione con la propria capacità di rischiare un’attività di attore. Consiglierei quasi a chi sta imparando una nuova lingua che prima faccia un piccolo corso di espressione teatrale per liberarsi dai propri impedimenti corporali e psicologici. Tutti proviamo un imbarazzo naturale nel balbettare davanti a persone che dominano perfettamente la propria lingua. Pensiamo che stiamo dando una pessima impressione delle nostre capacità mentali. Ma è tutto il contrario: stiamo dando una magnifica testimonianza del nostro interesse per una altra lingua e cultura! Diamo un esempio della nostra creatività ampliando il nostro campo di attività linguistica.

Bisogna entrare ben rilassati in una nuova lingua. Bisogna permettersi di fare tutti gli errori possibili, senza paura. Con la conversazione continuata gli errori verranno sostituiti dalle forme corrette che sentono utilizzati dalla persona che si ha davanti. E se si ha davanti una donna o un uomo che attira personalmente e apre alla disposizione positiva si ha già vinto e i neuroni funzioneranno al massimo. Sorridendo o amando si impara meglio.

Lo stesso vale per la vita scolastica. Una delle mancanze più gravi di convivenza e integrazione europea è la poca frequenza dei contatti scolastici linguistici a livello Europeo. I nostri giovani europei dovrebbero passar una sesta parte della loro vita scolastica, ossia due dei loro dodici anni di media, in una scuola d’un altro paese europeo, convivendo con le famiglie rispettive. Non ci può essere più europeità tra le future generazioni che conoscere a fondo i concittadini di uno o anche due altri paesi europei. Le istituzioni educative di ogni paese vedrebbero ribassato il loro monopolio didattico sui “loro” cittadini, è vero. Ma così sarebbero forzati ad accettare diverse prospettive su come preparare oggi i nostri giovani per una vita con lavoro, futuro, pace, solidarietà e benessere. La mutua conoscenza di lingue molto diverse giocherebbe un ruolo molto importante, così come la conoscenza dei codi culturali nazionali dei vicini.

L’Unione Europea, a parte occuparsi dell’agricoltura e degli assunti tecnici, si dovrebbe occupare fermamente dell’alimentazione morale e della tolleranza per lottare più decisamente contro la disuguaglianza che aumenta ogni giorno e rende evidente il lato negativo della nostra maniera di vivere. L’interscambio che propongo non vuole dire che la UE ci centralizzi le scuole. In nessun caso. Basta che disponga il finanziamento. Scambiare gli alunni non significa unificarli. Al contrario significa abituarli alla diversità. Perché vedranno che una strada non è mai definitiva. E che non è mai l’unica. Che può essere utile per un certo tempo, ma che si deve sempre stare attenti a notare quando bisogna cercare nuove strade.

La riforma universitaria chiamata “Bologna” è stata un errore, perché ha inserito gli studi universitari in un sistema molto regolamentato, ridotto a una o due materie. Invece questi anni si dovrebbero sfruttare per sviluppare in libertà la personalità e l’individualità dei nostri giovani tra i diciotto e i ventitré anni. Se li prepariamo per una sola professione avranno perso l’opportunità di valutare lo sviluppo delle attività umane da una prospettiva più ampia. La società ha così perso una grande quantità di concittadini che saprebbero riflettere su come possiamo continuare a convivere in questo pianeta, dove siamo tanti.

L’interscambio scolastico che credo necessario per Europa si deve fondare sulla creatività e la diversità delle lingue. Questa è la posizione opposta alla tendenza anglomane o americanomane che pretende che all’umanità basti una sola lingua per comunicare e vivere in pace.

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