Hawad

Anna Maria BACHER – Premio minoranze linguistiche storiche in Italiae

“Premio Ostana scritture in Lingua Madre” edizione 2019

Lingua walser (Italia)

Biografia

Anna Maria Bacher è nata a Grovella, piccola frazione di Formazza, il 9 marzo 1947. Ha conseguito il Diploma di Abilitazione Magistrale presso il Collegio Femminile Rosmini di Domodossola ed ha svolto l’attività d’insegnamento nella scuola elementare della propria valle.

Presidente della Walserverein-Pomatt (Associazione Walser Formazza) dal 1991 al 2002 e membro del Consiglio dell’IvfW (Associazione Internazionale dei Walser ) dal 1992 al 2006.

È sposata e ha due figli. Oggi in pensione, vive in Val Formazza, dove si dedica alla casa, ai lavori dell’orto e all’Associazione Walser per il mantenimento del patrimonio culturale, prestando un’attenzione particolare alla tutela del titsch, l’antico idioma alemanno che ancora si parla in valle.

Per molti anni ha tenuto corsi di titsch sia per alunni della scuola elementare di Formazza, che per adulti. Questi ultimi proseguono tuttora.

È autrice di sette raccolte di poesie scritte in titsch e in italiano, pubblicate con relativa traduzione in tedesco di Kurt Wanner: Z Kschpêl fam Tzit-Il gioco del tempo- Das Spiel der Zeit. Gutenberg Edizioni, Verbania 1983, Splügen 1994. Litteri un Schattä- Luci e ombre, Verlag Wir Walser, Brig 1991. Z Tzit fam Schnee – Il tempo della neve – Die Zeit des Schnees. Verlag Bündner Monatsblatt, Chur, und Walservereinigung Graubünden, Chur 1994. Gägäsätz – Contrasti – Gegensätze, Verlag Wir Walser, Brig 2001. Wê im ä Tröim. Alte und neue Gedichte – vecchie e nuove poesie, Walservereinigung Graubünden, Chur 2006. Kfarwät Schpurä – Farbige Spuren – Tracce colorate, Limmat Verlag, Zürich 2011. Öigublêkch – Augenblicke – Colpo d’occhio, Edizioni Grossi-Domodossola 2015

È stata insignita più volte del “Premio Letterario Val Formazza” e nel 1989 del “Premio Culturale Martin-Peter Enderlin” dei Grigioni in Svizzera. Recentemente, in Spagna la sua opera poetica è stata inserita in un progetto di ricerca sulle scrittrici dialettali italiane inedite. Mattia Bianchi, docente di Filologia Italiana all’Università di Salamanca, ha analizzato l’opera della Bacher e tradotto trentun sue poesie in spagnolo; il lavoro è stato pubblicato col titolo “Una mariposa sobre la cruz del sepulcro: antologia de poemas de Anna Maria Bacher” .

Poesie dell’autrice sono state messe in musica da compositori svizzeri.

Motivazione

Il premio è conferito a Anna Maria Bacher per l’alto contributo dato alla conservazione della memoria di una lingua minoritaria antichissima che lotta per la sopravvivenza.

Da quasi quarant’anni, attraverso l’insegnamento e con la scrittura, Anna Maria Bacher è testimone attenta e ispirata di una cultura millenaria, fiorita nelle alte valli alpine; una cultura che vive nella simbiosi con la natura la sua anima profondamente poetica. Per mezzo della sua poesia, il piccolo universo dei Walser rivive i colori e i profumi delle stagioni, nel ritmo secolare di una cultura da salvaguardare in quanto patrimonio dell’umanità.

Antologia

Intervista a cura di Enrico Rizzi:

Colloquio con la poetessa “selvatica”

di una lingua “selvatica”

di una cultura “selvatica”

Enrico Rizzi • I Walser, popolo misterioso delle alte montagne, sono oggi conosciuti per essere stati gli abitatori più alti delle vallate alpine. Puoi dirci due parole sulla storia della lingua walser?

Anna Maria Bacher • Tra i vari aspetti della cultura walser, l’elemento che maggiormente li caratterizza e li accomuna è proprio la lingua. Si tratta di un tedesco medievale, che i Walser, nel XII-XIII secolo, portarono con sé nei loro spostamenti migratori intrapresi per dissodare e colonizzare le zone alte e disabitate delle vallate alpine. L’isolamento dal Vallese, la terra d’origine, e l’inserimento in un mondo di lingua diversa, hanno fatto sì che, da un lato il loro antico idioma si conservasse, e nello stesso tempo si rinnovasse, non solo influenzato dalle comunità confinanti, ma anche arricchito di nuove parole per adattarsi al mutare dei tempi. Il dialetto walser ha quindi sviluppato in ciascuna colonia delle varianti, conservando tuttavia delle caratteristiche comuni che lo contraddistinguono. La Formazza è l’unica colonia walser che confina direttamente con il Goms, la parte alta del Vallese dove nasce il Rodano, considerata come ho detto prima la terra madre. Forse è questa la ragione per cui usi, costumi tradizioni, lingua compresa, si sono conservati quasi intatti fino agli inizi del Novecento. Il suo isolamento dal resto della vallata italiana a sud e i frequenti contatti col Vallese, dovuti agli scambi commerciali e all’affinità linguistica e culturale, hanno contribuito alla conservazione del dialetto.

ER • La lingua oggi può avere un futuro come lingua viva o sopravviverà solo come testimonianza letteraria?

AMB • Il dialetto, che da noi a Formazza viene chiamato “Titsch”, si è tramandato oralmente di generazione in generazione per più di ottocento anni, ma nel secolo scorso ha visto un progressivo e inesorabile indebolimento. Una serie di importanti avvenimenti, la costruzione della strada negli anni ’20, la salita al potere del fascismo, i lavori di costruzione degli impianti per la produzione di energia idroelettrica, l’arrivo dell’elettricità nelle case (quindi luce, radio e televisione, computer), il turismo, tutte queste realtà hanno portato un sostanziale cambiamento nell’ambiente e nella vita dei valligiani: da un lato si conquista un maggiore benessere, dall’altro si affievolisce via via la cultura e la lingua. Oggi purtroppo il titsch è seriamente compromesso; molto comunque è stato fatto, dall’Associazione Walser, e si continua a fare per promuovere e valorizzare il titsch operando sia con i bambini, sia con gli adulti. Anche lo “Sportello Linguistico Walser” opera sul territorio con questo scopo. Nel 1972 il direttore didattico ha proposto un nuovo progetto d’insegnamento per la scuola elementare: “la scuola a tempo pieno”; per fare accettare questa sperimentazione ai genitori formazzini ha promesso, oltre le varie nuove proposte didattiche, anche un paio d’ore alla settimana di tedesco. Allora gli alunni erano numerosi, più di quaranta, e ci volevano due insegnanti di tedesco per una proficua organizzazione, ma ve n’era solamente una in grado di impartire tale insegnamento, così da perfetta incosciente mi sono data disponibile per un accostamento al nostro dialetto, il titsch. È stata per me un’esperienza molto interessante, non avevo sussidi didattici su cui appoggiarmi, era un insegnamento tutto da inventare e che mi ha offerto l’opportunità di far riflettere i bambini: con numerose ricerche hanno scoperto le loro origini, come mai qualche genitore e i nonni parlavano questa lingua diversa dall’italiano, hanno avuto modo di registrare nell’antico dialetto vecchie preghiere, proverbi, filastrocche, canzoncine, per poi impararli a loro volta. L’impegno proseguiva con ricerche di nomenclatura inerenti ai temi trattati. Naturalmente non è con due ore settimanali che si torna a parlare una lingua che sta sparendo, ma di sicuro offrono l’occasione per conoscere la propria storia e rinsaldare le proprie radici, prendere coscienza della ricchezza racchiusa nelle espressioni dialettali, scoprire lo spirito che le anima. Oggi si continua ancora questo lavoro con i bambini nella scuola, e anche per gli adulti c’è la possibilità di partecipare a corsi di titsch. Per dare un’idea più precisa della situazione linguistica posso dirvi che da un’indagine condotta nel 2017 risulta che: su un totale di 469 Formazzini (di cui 31 vivono via ma frequentano la valle e sanno il titsch) 126 (26,86%) competenti attivi, 46 (9,80%) competenti passivi, 297 (63,32%) non competenti, NOTA: 323 dai 40 anni in su, 88 dai 20 anni ai 39, 58 da 0 anni ai 19. Emerge chiaro, soprattutto se si osserva l’età dei competenti, che l’uso della lingua nella vita quotidiana si sta perdendo.

ER • Può la poesia aiutare a salvare la lingua walser?

AMB • Anche se la lingua sarà destinata a morire, penso che la poesia, insieme ad altre iniziative, possa in qualche modo contribuire a lasciare almeno una traccia della nostra cultura, delle nostre radici e dello spirito montanaro walser in essa racchiuso.

ER • Nel tuo spirito dove nasce la “cultura” della lingua titsch?

AMB • Il titsch è la lingua che ho sentito appena sono nata, che ho sempre parlato in casa, in paese e che ancora parlo quando ne ho l’occasione. Già da piccola parlavo anche l’italiano con i bambini che venivano a Formazza in villeggiatura, poi a scuola, dove ho imparato a leggere e scrivere, sempre in italiano naturalmente. Il titsch è rimasto, per decenni, solo il linguaggio orale. Le frasi incise sui travi delle vecchie schtube formazzine però mi hanno sempre incuriosito, si tratta di brevi invocazioni, richieste di protezione per gli abitanti e per gli ospiti della casa; trovavo interessanti anche le poche lettere di qualche parente emigrato in America, che con un curioso linguaggio misto di titsch e di tedesco dava notizie della sua vita. Ma i primi veri scritti in dialetto che hanno attirato la mia attenzione li ho trovati in una lettera della signora Renate Adorn scritta a mio padre nel periodo in cui la studiosa stava facendo delle indagini linguistiche in Formazza; e nel libro “Folklore di Formazza” del Baragiola che, insieme alle ricerche sul folklore, raccoglie le trascrizioni dialettali di aneddoti, racconti, pregiudizi ecc., notizie che l’autore ha avuto dal maestro formazzino Antonio Ferrera. Quel libro fu per me un bellissimo regalo, che mi permise di capire come poter rappresentare graficamente certi suoni caratteristici del dialetto e che non troviamo nella lingua italiana. Per me, che non ho nessuna formazione di tedesco, quella pubblicazione è stata una scoperta meravigliosa e interessante, che mi ha aiutato a riflettere sul mio idioma e nella conquista graduale delle regole che nasconde, e questo è uno studio che continua ancora. Alla poesia però mi sono accostata nel 1983 quando, nel bando del Premio Letterario Val Formazza, è apparsa una sezione, tra le altre, dedicata alla poesia walser. Essendo quella dei walser una lingua orale, quella proposta è stata per me una provocazione a cui non ho potuto resistere, così ho scritto le mie prime tre poesie in titsch con relativa traduzione italiana.

ER • Quali sono le fonti che ispirano la tua poesia?

AMB • La Formazza racchiude la mia storia, la mia vita, i miei affetti; è in questa valle, nell’ambiente di montagna, nelle persone che vi abitano che trovo fonte d’ispirazione; soprattutto nella natura, che a volte si manifesta severa, inquietante, malinconica; altre volte dolce, bella, piena di fascino. Sono questi aspetti contradditori fatti di luci e di ombre che mi attraggono, è in questo gioco di sentimenti opposti che mi lascio coinvolgere; è in questa natura che si celano i miei demoni e i miei folletti. Lo scorrere del tempo, il mutare delle stagioni, gli elementi della natura entrano in confidenza con me, fino a farmi sentire tutt’uno con loro. La mia è una poesia che non vuole dimostrare niente, desidera solo condividere emozioni e sentimenti da me provati in un determinato e preciso momento. Per quel che riguarda la forma, io non seguo schemi, non mi prefiggo rime. Io sono un poeta selvatico, nato per caso, così la mia poesia vola libera e segue quel che suggerisce il cuore.

ER • Ritieni di avere più successo presso il pubblico italofono o svizzero tedescofono?

AMB • Le mie poesie sono nate per la gente della mia valle, che ama le cose semplici e che, vivendo a contatto con la natura, in essa trova conforto. Non pensavo potessero interessare nessun altro, visto anche il dialetto in cui sono espresse. Con sorpresa ho visto l’attenzione degli Svizzeri posarsi sui miei scritti; sono state proprio le Associazioni Walser del Vallese e dei Grigioni a pubblicare la maggior parte dei libri, ed è presso il pubblico svizzero che penso ci sia maggiore interesse.

TESTO ANTOLOGIA: WALSER

Gägäsätz

Draltzi

frêschi Schprossjê,

aber läärs

z Platzjê fam Dorf.

Fer wellmu blêêt der Frümuböim

forum ferlassnä Hüs?

Ä frächi Fleiga surut;

ufum Baachjê

sêtzän äbä mee

t Psênnä

fa lêbä Littu.

Älli Jaar

der Langsê chun

un het niws Plangä

unner z Ööks;

aber dü, Wasser,

tribschtdi forwärtz in dä Trok

mêt luschtägi Schümuwerter.

I gaa der enki Wägjê

I gaa der enki Wägjê,

Lertschäna und Ambeissukschmakch

chomänmär ingägä.

I bê fleigänds

wê im ä Tröim:

mi Fêês rêrän inkhei Schtrewi mee a

un minä Ferdruss zärtrêkchtmi nêmmä.

Fortzu mee üf…

i laa hênner t Aksla Lärcha un Tannä;

t Luft êscht reini

ŝchi het fa Isch;

zobruscht ufum bluttä Bärg

kschpêrämi lêêchts,

i ferlêrä der Lib,

i bê äbä mee Seel.

Mim Tälli

I weiss nit warum

ni dêch äso gärä hä,

gittigi Seeludorna!

Mêt alti Umgiri

ärchlêpfschtmi im Wênter,

bêsä t Farufä ärgrifschtmär

un laschtmi blossäs

in der Guksu

wa mis Plangä geislut.

Denaa mêt warmi Muntschi

un forborgnä Kschmakch

ferdênuscht mini Lêbi

in di hêpschu Zitti

un ferukchts ferlêbämi

un ferlêrämi in di tüsuk Ksêchter

fa dim Herbscht.

Darum händi gärä

un blibä mêtdär

mis wêlt Tälli!

Z Tälli lêêt

Der Bärg lögt

di jungu Lit

khafti in ŝchinä Wengu,

är kseetŝchi, oni Glêkch,

nêder schlêpfä

bês änä Schtettu.

Äs êscht inkhei Fang.

Z Tälli lêêt,

äs cha nit ksee

z Schtärbä

fa ŝchinä Derfjenu.

Z Zit fart kschwênnds

wê z Wasser

undrum Schtäg…

äs get ferbii

un tret naa

än altä Chlag.

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